da più di vent’anni, la conoscenza e l’esperienza di mario nanni seguono un andamento costante, al pari di una interminabile galleria di lavori, finestre aperte e chiuse, rivolte al pensiero e al fare artigiano. la luce filtrata dalle finestre del loggiato in alto, oltre le gradinate. il bianco marmo dei fregi e delle statue asseconda il ritmo della luce rosata e celeste dell’alba. la lezione inizia al mattino, quando la luce naturale giunge da est e le trasparenti nuvole dipinte sul soffitto si diffondono morbidamente sul pubblico del teatro, bilanciando gli scuri, minacciosi colori crepuscolari delle quinte prospettiche dietro la scena, esposte a ovest. l’uso sapiente del colore, del movimento, dell’intensità e della durata della luce dell’albeggiare, che palladio infonde nelle sue opere, ritorna nello ‘studio della luce naturale. parte prima’, iniziato da mario nanni molti anni fa. mentre le ombre si trattengono tra una colonna e l’altra, il maestro della luce tramanda la sua arte al chiaroscuro delle sette vie di tebe, sul proscenio dell’olimpico, svelando la luce come respiro di ogni luogo, come segno linguistico, come sintesi della visione che ogni progettista possiede di spazi e corpi. la narrazione e i passi del maestro accompagnano la bellezza. pacate e fluenti, la sua voce e la luce degli apparecchi a propulsione ibrida illuminano le quinte prospettiche e le statue avvolte da veli leggeri. i campanili di luce, appoggiati sul palco lucidato dalla storia, illuminano l’antico legno ed è come si specchiassero sugli argini di venezia. una manciata di lucciole bisbiglia gesti e sguardi di personaggi arcadici. fiori di carta colorati vibrano blu e rosso sotto la luce di micromen e faretti trentotto, tingendo la sobria cromia dei marmi. l’ingegnosa lanterna n55, nelle mani del maestro, annuncia i segreti delle austera prospettiva.